segni della presenza dello spirito santo

Questo cammino richiede inizialmente un rinnegamento forte e risoluto, per prendere le redini della propria volontà e offrirle a Gesù, dando a Lui la piena libertà di condurre la vita e dirigerla solo dove vuole Lui. Il bello è ritrovarsi con persone che pregano al tuo stesso modo ma in lingue diverse». (S. Teresa d'Avila). Confronto che grazie al sostegno della fede, che ha aperto all’invocazione, e della esperienza di elaborazione religiosa, anche attraverso il rito, ha prodotto sia il superamento del trauma che della paura della morte.«Ho cercato di accettare queste morti che mi hanno fatto riflettere molto. Le storie di vita permettono di rilevare che i segni non espliciti che sono stati indicati per rilevare la presenza dello Spirito nella vita dei giovani, e che sono di fatto i suoi doni, sono tutti presenti. Dopo averlo invocato ho preso maggiore consapevolezza che anche la mia vita è limitata ma grande allo stesso tempo».In qualche caso l’esperienza della speranza prodotta dalla fede è espressa in modo più semplice e magari più grezzo, ma tuttavia contiene sempre in modo forte il riconoscimento dell’esistenza di un qualcosa che dà un senso alla vita nonostante i confini della morte.«A volte, quando c’è un dolore forte, come la morte improvvisa di qualcuno, la religione ci aiuta a superare quel momento. Giovani che vedono nei gesti autentici di perdono la presenza di Dio. Poi non so per quale motivo è passato di moda. Lo sento proprio come dono. Probabilmente della cresima la cosa più importante che mi è rimasta è proprio la presenza dello Spirito Santo, non perché ci fosse stata una particolare catechesi, anche se sicuramente ne avevamo capito l’importanza proprio grazie alla catechesi, ma perché credo fosse l’atmosfera, l’importanza data al momento in cui ricevevo la cresima. BUONA FESTA DELL'ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MA... L'IMPORTANZA DELL'EUCARISTIA NELLA VITA DEL CRISTIANO, UNA ROSA PUO' NASCERE SOLTANTO DA UN'ALTRA ROSA. Trattengono sul proprio, senza defraudare altri. Viene espressa qui, indirettamente, la convinzione che lo Spirito Santo sia anche la comunicazione di Dio all’uomo. “E dalla nube uscì una voce, che diceva: ‘Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo’” (Lc 9,34­35). Una forma di diversità che viene scoperta come fonte di quella complementarietà che assicura una comunione profonda tra le persone è quella di genere. In molte di esse vi è il riconoscimento di Dio come Padre e, quindi, sono raccontate le esperienze di preghiera in cui i giovani si rivolgono al Signore come Padre. E c’è il momento in cui tutto questo traspare, che è l’attimo profondo quando stiamo insieme intimamente».Vi sono poi brani di storie di vita che raccontano la scoperta della condivisione attraverso l’educazione familiare e, soprattutto, le esperienze educative all’interno di gruppi e associazioni ecclesiali.Questa educazione porta alla scoperta degli altri, del valore della comunione nella diversità e dell’autenticità dei rapporti, oltre a essere sentita come un cammino che porta a Dio.«Mia madre sicuramente mi ha trasmesso un forte senso dell’organizzazione, un forte senso di praticità. Poi non so per quale motivo è passato di moda. La ragione è il dono dello Spirito di Gesù: «la legge dello Spirito che dà la vita, per mezzo di Cristo Gesù, mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte». Incominciamo la prima verifica, cercando i segni diretti ed espliciti della presenza dello Spirito nella vita e nell’esperienza dei giovani. Nelle storie di vita ci sono tre giovani che esprimono la loro concezione del mistero trinitario. Con Dio ci parlo come a un amico. Conosciamo, facendo esperienza. Nel terzo brano qui raccolto questa presenza assume il nome e il volto di Gesù Cristo e acquisisce il centro della vita del giovane. Il nostro impegno educativo e pastorale ci spinge a portare a esplicito ciò che eventualmente è solo implicito, rivelando quello che viene vissuto senza possedere il nome proprio per confessarlo, e ci sollecita ad attivare processi di autentificazione pastorale.Le storie di vita permettono di rilevare che i segni non espliciti che sono stati indicati per rilevare la presenza dello Spirito nella vita dei giovani, e che sono di fatto i suoi doni, sono tutti presenti. Ed io gli ho detto: «Non prendermi in giro». C’è un giovane appartenente ai gruppi ecclesiali che afferma di riuscire alcune volte ad avere un dialogo con Dio. Il sinonimo di orgoglio, manifesta un’alta opinione di sé. «Io ho veramente fatto esperienza di amore dei genitori, anche da parte di diversi amici che mi hanno veramente voluto bene. Il potere di questa persona di attirare su di sé le attenzioni, al di là dei miracoli, ma per quello che ha fatto, la sua vita, come l’ha vissuta, con sacrificio, con la sofferenza, cioè senza mai prendersi niente da noi. Tuttavia non è solo un segno della complessità in quanto è anche il segno di una educazione religiosa che non riesce a fornire transattori in grado di aiutare i giovani a passare dal frammento al tutto, dal particolare al sistema. Spesso il peccato che facciamo è proprio quello di non fare silenzio e ascoltare Dio. Come padre, perché mi ha sempre attratto la figura di Dio, di Dio pretore, del Dio che apre il buio e fu luce, insomma mi ha sempre attratto questa idea di padre pretore, del padre che ama il figlio. «Quindi vivere serenamente sapendo che se è la nostra ora moriamo, senza cercarla e senza vivere con la paura di morire. Quindi ho cercato il senso di quella diversità, ho cercato di capire le cose in cui si crede anche se sono diverse da quello che pensi. Inoltre, l’orgoglioso è assolutamente incapace di ricevere umiliazioni. In suo nome, gli apostoli faranno lo stesso. Il fatto, però, indiscusso, mostra, in concreto, che lo Spirito agisce senza bisogno di produrre clamore, proprio perché accoglie il ritmo della quotidianità ecclesiale. «Non vivo la morte in modo traumatico, non sono angosciata da questo pensiero, perché una persona che crede sa anche che la vita non finisce qui. Sono più forti di ogni giudizio con cui cerchiamo di verificarli e valutarli. Lo Spirito ricostruisce la comunione nella diversità. Sono andato la settimana scorsa, ma erano anni che non andavo». Non si tratta di conoscere intellettualmente qualcosa che si ignora. Commenti al Vangelo della X Domenica del T.O. Con il coltellino io ci giocavo, ci pulivo le unghie, no. In fondo vedo che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo costituiscono un’unica identità sebbene sia un mistero che io non riesco ancora a spiegare. Avere la fede per me è avere una speranza più che la fede, altrimenti è una grossa fregatura. L’unzione con l’olio è un altro simbolo dello Spirito Santo. La libertà ha però un limite insuperabile: l’amore che sa farsi servizio, pronto, generoso, preveniente. «Per quanto riguarda la presenza reale e concreta, io sento molto vicino lo Spirito. Infatti mentre noi amici preparavamo il funerale, Mira non era ancora morta, e pregavamo che guarisse. Alzo gli occhi verso i monti… Salmo 121 (120), XXXIII Domenica tempo ordinario A – talenti: doni di Dio, XXXII Domenica ordinario anno A spunti di meditazione. Non posso dire che Dio ci ama e ci accoglie, ferendo la sensibilità di qualche mio fratello» (1 Cor 8, 9-13). Ritengo infatti che è sempre lo Spirito Santo che parla attraverso il Papa, i Vescovi, i sacerdoti. Si preoccupa, in altre parole, di suggerire una fotografia della situazione attuale, attraverso quel campione di riferimento che è dato dai giovani intervistati nella nostra ricerca. Gesù ha regalato il suo Spirito: per questo siamo nella libertà. Dio non si rassegna e progetta una presenza di condivisione totale: il Verbo si fa carne. Mi ha così aiutato a vedere il Signore come Padre. La mia condizione di uomo peccatore mi trascina verso la morte: chi mi libererà?». Ed io gli ho detto: «Non prendermi in giro». Sono convinta che sia un bene, comunque che sia una cosa che a me dà soddisfazione e sono contenta di farla. Certe volte magari dovrei ascoltarlo e non lo faccio».«Mi ricordo una frase di don Primo Mazzolari che diceva che Dio ci parla nel silenzio. Rispetto alla morte si hanno quattro tipi di atteggiamenti. Non dipende da me perdonare, ma solo grazie all’aiuto dello Spirito».«Infatti chiedere perdono a una persona che ti ha fatto un torto anche se tu credi di essere nella ragione non è semplice. (ed. Fisicamente vicina no, non ho questa sensazione. Mentre, nonostante tutto, anche se ho paura del giudizio finale, Dio lo vedo sempre come un amico, a cui posso rivolgermi e parlare, cosa che non faccio con mio padre».Sempre a conferma del valore dell’amore dei genitori nella formazione nei giovani della maggiore o minore disponibilità a sentire Dio come Padre vi è, questa volta in positivo, questa toccante testimonianza di un giovane toscano.«Sicuramente era la mia mamma, perché stando più a contatto con lei mi ha insegnato lei a fare il Nome del Padre, il Padre Nostro così. "Signore, nell'ora della nostra morte, guardaci con lo sguardo pietoso con il quale guardasti il ladrone pentito.". Io penso che comunque i valori della condivisione, della solidarietà li possano avere anche persone che magari non hanno una precisa scelta di fede alla base». Lo Spirito è solidarietà piena e totale, perché è la vita stessa di colui che ha sacrificato tutta la propria esistenza per la vita e la speranza di tutti. Per questo non ha confini, di nessun ordine e grado, e non è qualcosa di pattuibile o di rinunciabile, perché non è frutto né di conquista né di contrattazione.La libertà ha però un limite insuperabile: l’amore che sa farsi servizio, pronto, generoso, preveniente. Se hai bisogno d’aiuto, Egli è la Forza. Questo anche perché esprimono la convinzione che per perdonare gli altri bisogna perdonare se stessi e questo perdono può essere dato solo da Dio attraverso il sacramento della riconciliazione. Un esempio di questo modo di porsi lo si ritrova nella testimonianza di un giovane educatore e catechista dell’ACR che molto serenamente, perché privo di dubbi, afferma: «Non ho mai parlato di comandamenti, non ho mai parlato di Credo, oppure dei sette doni dello Spirito Santo, ma ho sempre parlato di Madre Teresa, di Don Bosco, e di altre cose che potevano interessare i ragazzi. Giovani che vedono nei gesti autentici di perdono la presenza di Dio.«Secondo me il perdono non deriva da una persona normale. Un atteggiamento di fondo: una ricerca di spiritualità. Se io dovessi morire domani dopo aver fatto tutto quello che ho fatto fino ad oggi, non mi spaventa».«Penso che se stanotte o domani dovessi morire avrei paura del giudizio di Dio perché non sono in pace con me stessa e quindi non so proprio dove mi manderebbe!».«Prima di andare a letto ho l’abitudine di leggere un brano del vangelo a caso. Si tratta comunque di un gruppo minoritario dove normalmente la paura della morte nasce dal dubbio circa l’effettiva esistenza dell’aldilà o, più facilmente, dalla mancanza di fede.«Anche se so che io con la resurrezione ho una vita e posso credere all’al di là, ci credo, però ho paura della morte, perché ho paura di soffrire, anche se attraverso Lui, so che ci potrebbe essere».«Invece io ho una grande paura della morte, proprio perché non ho fede, non so quello che succederà domani e quindi sono estremamente attaccato a quello che è la vita terrena». Tocca alla comunità ecclesiale e agli operatori di pastorale prevedere e programmare esperienze adeguate. Ne ricordiamo solo alcuni, con l’unica preoccupazione di mettere in evidenza la prospettiva.Secondo il racconto del Genesi sul «mondo vuoto e deserto» aleggia lo Spirito di Dio (come un vento impetuoso) e la vita compare. «Va bene, non vorrei magari essere io la prima cliente». Rappresentano comunque un punto di confronto e di sostegno speciale per tanti giovani. Nella prima parte verifichiamo i segni espliciti e diretti della presenza dello Spirito nel complesso mondo giovanile attuale, così come appare dalle ricerche (soprattutto da quella realizzata da noi stessi sulla «esperienza religiosa dei giovani italiani») e come può essere constatato attraverso lo sguardo, appassionato e caldo, della condivisione. Credo nello stesso tempo in Dio Padre che mi ama».«Per me Dio è un Padre, sin da quando ero piccola l’ho sempre visto come quello che mi vuole bene, che mi dà i doni maggiori. Per cui quando morirò io, spero che ci sia qualcuno che soffrirà per me. L’aspetto della necessità di fare comunione con se stessi per poter fare comunione con gli altri è sovente trascurato. «Uno si confida con gli amici sulla fede: ce l’hai o non ce l’hai ? Uno dei segni più eloquenti è l’adulto, impegnato nel servizio educativo, piegato verso i suoi giovani per restituire gioia di vivere, libertà di sperare e consapevolezza di una dignità grande che chiede capacità di protagonismo. La nube, ora scura e ora luminosa, rivela il Dio vivo e salvatore, nascondendo la trascendenza della sua Gloria: con Mosè sul monte Sinai, nella tenda della riunione e durante la camminata nel deserto. Questo è il cammino cristiano chiesto da Gesù, ma non a tutti chiede la stessa donazione, ognuno nel suo stato di vita deve sforzarsi secondo la sua generosità di uniformare la sua volontà a quella di Gesù. [5] Si veda, per esempio: Favale A. Nelle prime due testimonianze c’è stato ed è in atto un superamento di questa paura, che anzi ha il volto dell’angoscia, mentre nelle altre è ben presente e viva. Vanno riconquistati, nella fatica dello studio e della ricerca. Nella quasi totalità di questi casi non è emersa la disperazione nullificante ma, al contrario, la speranza. Manca a questi giovani un quadro culturale, e quindi quel riferimento sia cognitivo che esistenziale che consenta loro di rileggere e di interpretare le loro quotidiane esperienze, i loro vissuti e le loro riflessioni, e di raggiungere una maggior consapevolezza della presenza dei doni misteriosi dello Spirito che pervadono e rendono più piena e ricca di senso la loro vita. Io non ho paura, anche perché credo che ci sia una vita oltre la morte». Molte volte io ti posso perdonare, ma il più delle volte sono io che devo perdonare me stesso e qui deve intervenire Dio. Nel senso che se non ci fosse una vita dopo la morte, io mi comporterei nello stesso modo in cui mi sto comportando adesso». Quinto video dell'itinerario sui doni dello Spirito Santo: questa settimana parliamo del timor di Dio. Pensavo che fossero una grande quantità le cose che si dovevano fare e pensavo che io non posso morire adesso. «Sinceramente mi sono sentita sempre perdonata, anche se peccati grossi non li ho mai fatti. Lo Spirito Santo 1. Proseguendo nella navigazione l’utente accetta l’utilizzo dei suddetti cookie. «Invece io ho una grande paura della morte, proprio perché non ho fede, non so quello che succederà domani e quindi sono estremamente attaccato a quello che è la vita terrena». La parola solidarietà ha la stessa frequenza, tra l’altro, della parola Spirito Santo, e quindi è stata usata nelle storie di vita con molta parsimonia. È stato anche il momento in cui ho iniziato a costruire veramente rapporti importanti e adulti». Non lo vedo come colui che divide i buoni dai cattivi. Quindi io cerco il più possibile di dialogare con Lui». Possiamo però verificare, attraverso una lettura interpretante capace di scendere nel profondo, se e fino a che punto la loro cultura è segnata dalle tracce di questa presenza. E grida disperato: «Me infelice! Mia madre e mia nonna hanno pregato di darmi il perdono. Anche quando è morta Mira ho riflettuto. Un’altra pagina del Libro degli Atti dà da pensare a chi cerca di verificare i segni della presenza dello Spirito: la storia di Anania e Saffira (At 5, 1-11).Il contesto è molto chiaro e preciso: «Tra i credenti nessuno mancava del necessario, perché quelli che possedevano campi o case li vendevano e i soldi ricavati li mettevano a disposizione di tutti».Fanno così anche Anania e Saffira… ma non fino in fondo. Il dono dello Spirito ricostruisce la comunione e la condivisione nella diversità: gente che parla lingue diverse, riesce a comunicare con Pietro e i discepoli. Non riesco nemmeno a capire quello che faccio: quello che voglio non lo faccio, faccio invece quello che odio». È interessante il punto di vista di questa giovane che sostiene che coloro che non riescono a vivere Dio come Padre è perché non hanno vissuto l’esperienza di un amore autentico dei genitori e, quindi, del proprio padre. Questa è la logica della vicinanza di Dio alla nostra vita.Uno dei segni più eloquenti è l’adulto, impegnato nel servizio educativo, piegato verso i suoi giovani per restituire gioia di vivere, libertà di sperare e consapevolezza di una dignità grande che chiede capacità di protagonismo.Il servizio dell’educatore verso il riconoscimento della presenza dello Spirito si dispiega secondo modalità diverse. Vendono i loro campi e consegnano a Pietro il ricavato per i poveri. http://www.sainte-bernadette-nevers.com/italien/frespace.htm, http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_(padre_putativo_di_Ges%C3%B9), http://it.wikipedia.org/wiki/Teresa_di_Lisieux, http://it.wikipedia.org/wiki/Faustina_Kowalska, La prospettiva di Dio, Padre Ermes Ronchi, SCO 35 - Chi fa una donazione fa del bene a se stesso, Luglio: mese del Preziosissimo Sangue di nostro Signore Gesù Cristo. Con la formula «percorsi», messa a titolo, indichiamo i luoghi, i cammini e le esperienze in cui possiamo riconoscere la presenza dello Spirito, in modo quasi diretto, nel mondo giovanile. Quindi se una cosa è dettata dallo Spirito Santo non può essere sbagliata. Mi ha dato la possibilità di scoprirmi come persona, cioè chi sono io realmente, la mia parte vera, non quell’immagine che mi ero creato al di fuori, prima di cominciare a frequentare la comunità». Nell’ora della resurrezione, lo Spirito è colui che dà vita all’Abbandonato del venerdì santo: lo Spirito lo restituisce alla vita, per poter riconciliare gli uomini con il Padre, assicurando così la vita piena per tutti (Rom 1, 4). Questa nota potrebbe essere considerata come il leitmotiv della presenza e dell’azione dello Spirito in tutta la storia della salvezza.I riferimenti sono abbondanti. Solo per fare qualche esempio:• la forte ed esigente domanda di senso di molti giovani;• il bisogno di silenzio, di tempi prolungati di preghiera, la ricerca di esperienze di festa, di silenzio... e un originale rapporto con la natura, anche attraverso esperienze estetiche;• la disponibilità a servire i poveri nel nome del Vangelo;• la fame di Parola di Dio e la scoperta del significato per la propria vita di tante pagine del Vangelo;• la forte presenza di Dio (a livelli diversi) nella vita personale: spesso come amico, padre misericordioso, fonte di speranza, qualcuno con cui «parlare» e, magari, «litigare»;• gli incontri e le convocazioni giovanili, affollati oltre il prevedibile e vissuti con una intensità che non può essere assolutamente ridotta alla sola avventura insolita;• il richiamo all’esperienza del dolore e, persino, alla morte come inquietudine, confronto, paura... speranza;• la fiducia nelle persone al di là di frequenti elementi di discriminazione, fino a riconoscere nella relazione con l’altro un principio di trasformazione della propria esistenza. Un’altra tappa importante della mia vita è stata quando io ho riconosciuto Dio come Padre. Essere credente significa essere una persona umile, che sa perdonare, sa perdonare e sa soffrire per una cosa».Per un altro gruppo di giovani il perdonare è una caratteristica di Dio. «Secondo me il perdono non deriva da una persona normale. Cioè si deve capire perché abbiamo sbagliato». Mi ha dato la possibilità di scoprirmi come persona, cioè chi sono io realmente, la mia parte vera, non quell’immagine che mi ero creato al di fuori, prima di cominciare a frequentare la comunità». Dev’essere un amico che cammina con noi, con cui confidare le nostre ansie, le nostre preoccupazioni e soprattutto dev’essere visto come un padre sempre buono e pronto ad accogliere. Tocca alla comunità ecclesiale e agli operatori di pastorale prevedere e programmare esperienze adeguate.Quali possano essere queste esperienze è facile dirlo: incontri ecclesiali significativi, partecipazione a gruppi e movimenti di forte carica spirituale, celebrazioni di alto profilo, contatto con persone e avvenimenti che siano capaci di inquietare e sollecitare…Certo, tutto questo non è sufficiente. Oppure gli dico di aiutarmi. «È chiaro che nessuno vive in maniera tranquilla la morte di qualcun altro o la malattia irreversibile, anche perché confesso che questo per me è sempre stato molto difficile. Aggiunge, però, in una lettera agli abitanti di Corinto: «Lo so di poter mangiare tutto quello che voglio. Incontrare tante persone diverse, venire a contatto con persone di altre nazionalità e viverci insieme. Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Nel momento del bisogno io credo che una soluzione ci sia sempre». All’inizio sta ancora lo Spirito: «Il Signore ha mandato il suo Spirito su di me. «Perché, non so, mi ricordo che dicevano che Dio sta sempre dappertutto. Succede sempre che mi affido a lui quando sono in difficoltà e lui mi accoglie, mi sostiene sempre».«Io vedo Dio nella mia vita come un padre che mi ha guidato, che mi conosceva, come dice la Scrittura, già prima della mia nascita; anche tutti i fatti apparentemente negativi erano orientati a questo, affinché io vedessi la sua mano. [1]Nel nostro linguaggio abituale, consideriamo nascondimento e manifestazione due dimensioni contraddittorie, perché ci piace possedere e dominare l’oggetto delle nostre conoscenze. «Come lo era stato per me lo sarebbe potuto essere anche per altre persone. E parla del dono dello Spirito, che gli permette una speranza sconfinata (Rom 7 e 8).Fariseo, zelante e impegnato, si fidava ciecamente della legge. Cosa rilanciano verso questa esperienza? Vogliamo sottolineare tre preoccupazioni: possono rappresentare una specie di indice logico di temi su cui pensare e su cui tornare. Se bruci di febbre, Egli è la Sorgente ristoratrice. Invece assistiamo oggi alla riscoperta nei luoghi istituzionali della presenza dello Spirito. Sarebbe di certo più triste e inquietante constatare che al richiamo frequente al nome non corrisponde affatto la qualità dell’esperienza. Da allora io ogni volta che recitavo il Padre Nostro mi sentivo vibrare dentro. Dovrebbe in verità esistere una sola volontà in un cattolico: quella di Gesù. «Dio dev’essere visibile. In quell’occasione ho pensato che pregare era la cosa più importante e la veglia che abbiamo fatto di fronte alla sua bara mi ha fatto pensare che la morte è un grande mistero, che la morte ci porta sicuramente a conoscere Gesù. L’amore stesso del mio ragazzo... Secondo me è molto difficile dare a un bambino, a un uomo il senso di Dio, il senso della presenza di un padre, della presenza di Dio, se non si ha la testimonianza dell’amore umano, dell’amore sulla terra».A conferma della riflessione appena letta vi è la testimonianza di questo giovane che non riesce a pensare a Dio come padre, perché per lui la figura paterna è una figura severa da cui in qualche modo si sente respinto per cui preferisce pensare a Dio come a un amico.«Sento Dio più come amico, meno come padre, forse perché la figura del padre è per me una figura severa. Solo con l’aiuto di una Persona, dello Spirito».«Secondo me, non è soltanto credente colui che va in chiesa o frequenta un gruppo o fa una buona azione o fa l’elemosina. Supplicate ardentemente il Mio Cuore e il Cuore di Mio Figlio e riceverete tutte le grazie. La Lettera ai Galati è un grande, riconoscente inno alla libertà. I discepoli di Gesù sono abilitati ad affrontare la questione spinosa del perdono dei peccati nel suo stile in forza del dono che Gesù fa del suo Spirito: «Ricevete lo Spirito Santo. Lo dichiara continuamente, con i fatti e le parole. Per introdurre la vita nella storia, Dio cerca la collaborazione di Maria. Possiamo anche tentare di verificare se coloro che moltiplicano i riferimenti espliciti allo Spirito realizzano esperienze autentiche o, al contrario, propongono dei modelli in cui la dimensione formale contraddice quella di sostanza. «Sinceramente mi sono sentita sempre perdonata, anche se peccati grossi non li ho mai fatti. Lo Spirito Santo è un tema biblico di vitale importanza, noi tutti abbiamo bisogno della Sua presenza e potenza, poiché senza lo Spirito non potremmo vivere una vita cristiana vittoriosa, né potremmo servire Dio dentro e fuori la Chiesa, né tanto meno potremmo ricevere la vita eterna. Non si tratta solo di riconoscere una presenza o constatare una assenza. - Donerò un sorriso o una parola buona anche a chi, umanamente parlando, non lo meriterebbe.

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